“Voi siete la ricchezza del Messico”. Dal Papa è venuto un forte incoraggiamento ai circa 50 mila giovani riuniti a Morelia nello stadio per il loro incontro con il successore di Pietro. Grande l’entusiasmo dei ragazzi che hanno cantato assieme al pontefice “Vive Jesus, el Senor”, facendo volare in aria migliaia di palloncini, sventolando bandiere e fazzoletti, e realizzando splendide coreografie. Verso la fine della cerimonia su una delle curve è apparso un mega striscione con disegnato una colomba.
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Per Francesco, la ricchezza deve essere trasformata in speranza, rimarcando “come la principale minaccia alla speranza sono i discorsi che ti svalutano, che ti fanno sentire di seconda categoria, di seconda o di quarta categoria. E’ doloroso quando ti fanno sapere che non importi a nessuno, e questo ci uccide”. Ed ancora: “E’ difficile sentirsi la ricchezza di una nazione quando non si hanno opportunità di lavoro dignitoso, possibilità di studio e di preparazione, quando non si vedono riconosciuti i diritti e questo finisce per spingere a situazioni limite”.
Il Papa ha anche ricordato che “nella famiglia si impara la vicinanza, si impara la solidarietà si impara a condividere, a discernere, a portare avanti i problemi gli uni degli altri, a litigarsi e a discutere ma a riavvicinarsi, abbracciarsi e baciarsi. La famiglia è la prima scuola della nazione. La famiglia è la pietra di base della costruzione di una grande nazione”.
Il pontefice poi ha detto che “è falso che l’unica possibilità di vita è la povertà. La parola di speranza si chiama Gesú Cristo, abbracciate la sua croce e non staccatevi mai dalla sua mano – ha continuato – Il trionfo non sta nel non cadere ma nel non rimanere caduti. Non permettevi di rimanere caduti e offrite la mano con dignità a un amico che è caduto. L’ascolto terapia è la medicina, non lasciate mai là mano di Gesù, con la mano di Gesù è possibile vivere a fondo”.
“Oggi il Signore continua a chiamarvi, continua a convocarvi, come fece con l’indio Juan Diego – ha detto il Papa – Vi invita a costruire un santuario. Un santuario che non è un luogo fisico, bensì una comunità, un santuario chiamato parrocchia, un santuario chiamato Nazione. Gesù mai ci inviterebbe ad essere sicari, ma ci chiama discepoli. Egli mai ci manderebbe a morire, ma tutto in Lui è invito alla vita. Una vita in famiglia, una vita in comunità; una famiglia e una comunità a favore della società”.
Poi un suggerimento ai 50 mila che aveva davanti: “Siate furbi come serpenti e umili come colombe”. Attenzione però anche alle lusinghe del mondo. E infatti, per il Papa, “la principale minaccia alla speranza è farti credere che cominci a valere quando ti mascheri di vestiti, marche, dell’ultimo grido della moda, o quando diventi prestigioso, importante perché hai denaro, ma in fondo il tuo cuore non crede che tu sia degno di affetto, degno di amore”.