Solennità di tutti i santi
Le beatitudini: l’epidemia di felicità per ogni uomo
(Apocalisse 7,2-4.9-14; 1 Giovanni 3,1-3; Matteo 5,1-12a)
Ascoltiamo il Vangelo:
“ In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli»”.
Gesù è presentato come colui che insegna. In effetti egli in-segna, segna dentro, nell’animo. Ciò che lui dice suscita le emozioni, sana le ferite, sostiene le debolezze, cura le stanchezze, dona luce ai passi da compiere, aiuta nelle scelte, orienta la vita.
Il popolo era già a conoscenza della 10 parole scritte sulle tavole di pietra consegnate a Mosè. Gesù è il nuovo Mosè e scrive nei cuori. In-segna dunque. Lascia il segno nel cuore. Le parole da 10 leggi che lui non abolisce, ma porta a compimento, diventano 8 segreti per vivere la felicità. A Gesù sta a cuore la gioia delle persone, la serenità del cuore. Egli la dona indicando la strada da percorrere, le scelte da fare, le condizioni da vivere.
Il così detto discorso della montagna con le sue beatitudini ne è la sintesi. Il programma. Non più proibizioni ma indicazioni. Nelle prime quattro organizza persone apparentemente perdenti: poveri, miti, puri, sconfitti… . Nelle restanti quattro sono beati coloro che sono misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace e i perseguitati. Nella declinazione delle otto beatitudini sono due i tempi verbali: presente e futuro. Il presente come fotografia della realtà umana, il futuro come dono di Dio, come premio. Realtà e speranza. Debolezza e fragilità visitate dal conforto e dalla soluzione dei problemi in chiave divina. Chi piange sarà consolato, chi è mite avrà in eredità la terra, gli affamati e assetati di giustizia riceveranno sazietà. I misericordiosi avranno misericordia, i puri nel cuore avranno in visione Dio stesso, chi opererà la pace avrà in eredità il regno dei cieli.
Chi si sforza di vivere così entra nella logica di Dio. Intraprende la strada che lui ha tracciato e già percorso: quella della povertà. “Cristo da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Corinzi 8,9). Dove Dio ci chiama lui già ci attende. Ciò che chiede, suggerisce a noi, lui lo ha già compiuto. Chi s’incammina nei sentieri di Dio può diventare santo come lui è santo.
“Le beatitudini sono le ferite che diventano feritoie” (Ermes Ronchi). Lì dove l’uomo soffre, lotta, spera, Dio scrive la sua bellezza, incide la sua santità, offre la sua felicità. Senza Dio l’uomo è troppo povero. Dio non chiede nulla e non prende nulla all’uomo, ma l’uomo senza Dio è perduto. È lui, Dio, che dà sostanza ai giorni grigi dell’esistenza umana. L’unico antidoto per le tristezze umane è la serenità di Dio che vuole la gioia dei suoi figli. La strada delle beatitudini è la mappa proposta al grigiore umano di switchare e approdare ad un mondo, ad una vita vista a colori. Via il bianco e nero, il grigiore, la solitudine, la sofferenza, la sconfitta; spazio alla gioia, alla reazione, al riscatto, all’impegno. La santità di Dio ci chiama e ci attende perché ci anticipa. Facciamo sorridere il cuore. Riempiamolo di felicità. Saziamolo di Dio perché Dio della felicità è la fonte sorgiva perciò vuole dissertarci, vuole condividerla per noi. Vuole una epidemia di felicità. Beato chi lo accoglie.