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domenica, 24 Novembre 2024
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Quando il protagonista è il silenzio – Sabato Santo 

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Sabato Santo 

(Romani 6,3-11; Matteo 28, 1-10)

Quando il protagonista è il silenzio

Ascoltiamo il Vangelo:

“Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba.
Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte.
L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto».
Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli.
Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno»”. 

L’eloquenza del silenzio è più assordante di ogni rumore. Quando tacciono le labbra parla il cuore. E quando parla il cuore pulsa la vita, traboccano le emozioni, si trasmettono i sentimenti. “C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare” (Siracide 3, 1-11). Il silenzio è assenza di rumore ma palpito del cuore. Il silenzio cuce la bocca ma fa respirare il cuore, l’intimo. È pur vero che il parlare limpido è trasparenza del cuore. Mai si dovrebbe parlare senza che il cuore sia collegato con la bocca. Mai parlare a vanvera. Peggio, mai sparlare, giudicare, accusare. Occorre usare un linguaggio che cuce, che ricongiunge, che assimila, che affratella. Le parole possono essere carezzevoli o sassi, pietre che fanno male, che uccidono.

Il Sabato Santo, nella liturgia della chiesa cattolica, è destinato al silenzio, alla meditazione, alla ponderazione. Colui che ha rivoluzionato la storia, colui che ha portato sé stesso a distendersi su una croce per amore dell’umanità viene, dopo essere morto, deposto nel grembo della terra. Ma come il seme che ricoperto di terra inizia a germinare e dare vita ad una nuova vita così Gesù. Ma prima che risorga, prima che la vita esploda tutto sembra morto, finito. Invece è la pausa prima dell’esplosione. È come la consumazione di una miccia prima della deflagrazione. Ma quel tempo di attesa è gravido di speranza, di soluzioni, di inediti di un futuro da disegnare. Di un al di là da accogliere. Il tempo dell’attesa è prezioso come quello dell’arrivo di una cosa. Anzi, più l’attesa è connotata da vigilanza, partecipazione più intensa sarà la gioia del compimento. Dell’arrivo.

Beato silenzio. Protagonista che necessita del silenzio per esprimersi al meglio, con compiutezza. Quando il silenzio è abitato diventa ascesi, mistica. Quando il silenzio non è solo assenza di rumore ma è protagonismo del cuore e della mente che si intrecciano silenziosi, allora esso è beato. Necessario. Indispensabile. Il silenzio è la vita degli innamorati. Basta guardarsi negli occhi, perdersi l’uno nello sguardo dell’altro. Navigare l’uno nella mente dell’altro e non occorrono parole. È già tutto detto senza parole. Per usare un linguaggio tecnico odierno è un comunicare via “wireless”, “bluetooth”,” wifi”.

Il terminal del cammino quaresimale dopo il cenacolo e il calvario è la tomba di Gesù. Ma la sorpresa è che lì c’è solo un momento di pausa, di riflessione, di attesa. È un tempo transitorio. Provvisorio. Non è la tomba chiusa il luogo dell’appuntamento, ma vuota. Ma occorre uno spazio, un tempo di attesa. Tre giorni come aveva detto lo stesso Gesù. Poi la pietra sarà ribaltata.

Una donna per partorire attende nove mesi. Tempo utile per progettare, sognare, attendere ma comunque amare, accarezzare, attendere. Così per noi il Cristo risorto prima di abbracciarlo occorre attenderlo, in silenzio. È certo che lo incontreremo. Lo ha promesso e lo farà. E allora riprenderemo a camminare, sognare e anche parlare, anzi, urlare. Perché dopo il silenzio accade la proclamazione. La condivisione di ciò in cui si è sperato. Di cui per cui si è fatto silenzio. Il Cristo risorto!

Parrocchia San Timoteo
Parrocchia San Timoteohttps://www.santimoteotermoli.it/wp
La Parrocchia di San Timoteo di Termoli fu costituita da Mons. Oddo Bernacchia, con bolla 1/1/1954. La Chiesa di San Timoteo di Termoli è una struttura neogotica con una sola navata, e fu costruita su progetto dell’ing. Ugo Sciarretta. Unica nel suo genere vanta il prestigio d'essere una delle prime chiese costruite in cemento armato senza colonne centrali per questo ha meritato d'essere citata anche nei libri di storia dell'arte. Il vescovo Mon. Oddo Bernacchia avendo dato questo titolo alla neo parrocchia lo fece con l'intendo" di rendere omaggio al diletto discepolo di Paolo, San Timoteo il cui venerato corpo tornava alla luce, nella nostra Cattedrale, nel maggio del 1945 per u na fortuita circostanza.... "La chiesa ad una sola navata si dispiega ampia e solenne; con le pareti solcate dda strutture portanti che accennano ad uno stile leggermente gotico, invita ad elevare lo spirito a Dio nello slancio della preghiera (Mons. Biagio D'Agostino, Termoli e la sua Diocesi, 1978, p.179).
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