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domenica, 22 Dicembre 2024
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È la perseveranza la porta della salvezza 

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XXXIII Domenica Tempo Ordinario 

È la perseveranza la porta della salvezza

 (Malachia 3, 19-20; 2 Tessalonicesi 3, 7-12; Luca 21, 5-19)

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». 
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. 
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita»”.

Perseverare è avere certezze. Insistere nella perseveranza equivale ad essere ostinatamente attaccati a ciò in cui si crede. Ovvio che perseverare in un errore è diabolico mentre perseverare nel bene è un pregio ed è meritevole. Gesù stesso lo dice: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.

Il famoso detto “la goccia scava la roccia” dimostra che questo non accade per la capacità che la goccia possiede di perforare la durezza della roccia ma per la sua insistente, martellante perseveranza. Perseverare significa duplicare la speranza, non farla mai spegnere anzi alimentarla continuamente. La vita nel suo quotidiano ci mostra come siano in tanti coloro che iniziano un’opera, un percorso, una realizzazione, ma in numero molto ridotto, invece, sono coloro che onorano e concludono quanto hanno iniziato. 

Le iscrizioni universitarie sono extra large ma i laureati sono small. Le file dei comincianti sono robuste, gli arrivi si contano col contagocce. Molte volte mancano le forze, talvolta si smorzano gli entusiasmi, spesso viene meno l’impegno, quasi sempre c’è carenza di continuità. Di perseveranza. Alle entusiastiche partenze si contrappongono gli esausti arrivi. Oltre alla carenza della resistenza fisica manca la ricarica motivazionale.

Una fede non alimentata alla sua sorgente, stabilendo un rapporto interpersonale e relazionale con Gesù, che è l’”oggetto” della fede stessa, è destinata ad implodere. Invece necessità di decisioni rinnovate e confermate. Anche quando non tutto procede bene. I momenti di bassa marea diventano come un setaccio che separa le buone intenzioni, dalla zavorra che talvolta motiva e supporta il nostro agire. Decentrarci da noi stessi per approdare agli altri, a Cristo: ecco l’opera del cambiamento, della ristrutturazione, del rinnovamento interiore e motivazionale.

Gesù afferma che la perseveranza sarà la porta della salvezza. Mai si deve perdere. Certamente si indebolirà, avrà bisogno di sostegno, ma occorre tenerla in vita. Deve essere rigenerata, mai la dobbiamo perdere. San Gregorio Magno commentando il vangelo di Giovanni: “I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa, Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva» (Gv 20, 10-11), afferma: “In questo fatto dobbiamo considerare quanta forza d’amore aveva invaso l’anima di questa donna, che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche dopo che i discepoli se ne erano allontanati. Cercava colui che non aveva trovato, piangeva in questa ricerca e, accesa di vivo amore per lui, ardeva di desiderio, pensando che fosse stato trasfigurato. Accadde perciò che poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo; perché la forza dell’opera buona sta nella perseveranza”. Chi desidera davvero cerca sempre senza stancarsi mai, altrimenti vuol dire che non erano veri desideri. La perseveranza ne è la prova tangibile.

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