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Il codice identificativo del cristiano è il servizio

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XXV Domenica Tempo Ordinario -B

Il codice identificativo del cristiano è il servizio

 (Sapienza 2, 12.17-20; Giacomo 3,16-4,3; Marco 9,30-37)

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnào. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»”.

Per essere grandi occorre uscire dall’egoistico e riduttivo perimetro della propria circonferenza. Proiettarsi verso gli altri, far diventare l’altro il punto di convergenza del mio pensiero, della mia preoccupazione e del mio impegno. Il codice identificativo del cristiano è il servizio, la capacità di svuotare sé stessi e donarsi, gratuitamente, a chi necessita della mia considerazione, attenzione e soccorso.

In campo civile esiste la possibilità di cambiare i propri connotati identificativi. A chi non piace il cognome che ha, oppure il nome che gli è stato imposto, può, con apposito decreto, accedere alla possibilità di cambiare i suoi dati. Molti cristiani dovrebbero cambiare le proprie opinioni in materia di modi comportamentali o comunque aggiornare il proprio modo di vedere. Già ad iniziare dai discepoli di Gesù, molti credevano, erroneamente, che stare con lui equivaleva ad averne benefici o posizioni primaziali. Tanto era radicata in loro questa opinione che ne fanno oggetto di disputa e contesa così animata ed accesa che attirano perfino l’attenzione di Gesù che si informa come mai stessero discutendo. Essendo portato a conoscenza del loro contendere cerca di far cambiare, virare, la loro opinione su cosa significa e comporta essere il primo, visto che proprio questo era stato il motivo delle loro dispute lungo il viaggio verso Cafarnao. ”E disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti»”.

Ecco il cambiamento del modo d’essere cristiani: per essere i primi occorre essere ultimi e servi di tutti. È il servizio il DNA del vero discepolo. Consumarsi, dedicarsi agli altri, gratuitamente, senza vantaggi, senza risarcimenti, senza tornaconto. Chi fa questo, chi vive in questo modo deve considerare che il suo salario sarà la gioia e l’onore, il privilegio d’aver servito. Servire è voce del verbo amare. Si scrive servizio, si legge dedizione, significa amore.

Tutto ciò che il maestro chiede ai suoi discepoli, lui lo ha già fatto. Gesù “non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Marco 10,45). Se lui che è Dio ci dà lezioni di servizio come possiamo, noi che siamo discepoli, pretendere altro? Sarebbe una falsificazione del cristianesimo e del discepolato. Tutta la bibbia dall’antico al nuovo testamento è un continuo, ripetitivo, martellante ricordo di questo. Il nostro è un Dio che capovolge la mentalità, stravolge i piani egemonici del cuore umano. Lui vuole che noi non calpestiamo i tappeti della gloria ma i viottoli, i selciati delle stradine impervie, scomode per raggiungere chi necessita di aiuto, considerazione, promozione, sollievo, accoglienza. San Paolo sintetizza tutto questo quando afferma:” Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia …” (2 Corinti 1,24).

La gioia di servire, la gioia di far nascere nell’esistenza altrui la speranza, la condivisione della ritrovata fiducia in chi ha fatto risorgere la sua vita: ecco la ricompensa di chi serve perché è servo inutile, cioè senza utilità, senza tornaconto. Gratuitamente. Questo è il vero servizio. Così dobbiamo ambire d’essere i primi.

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