IV Domenica di Pasqua
Pastori con l’odore delle pecore
(Atti 2,14a.36-41; 1 Pietro 2,20b-25; Giovanni 10, 1-10)
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza»”.
Una delle più fortunate e profetiche espressioni, tra le tante che dilettano il cuore e la mente, dettate da Papa Francesco è certamente quella pronunciata alla sua prima esperienza, come vescovo di Roma, al giovedì santo alla consacrazione degli oli, detta messa crismale. In quella occasione disse: ”Siate pastori con l’odore delle pecore”.
Odorare di pecora significa prendere sulla propria pelle le condizioni di coloro che sono affidati alle cure pastorali di chi, nella chiesa vive e dona la sua presenza col ministero consacrato del sacerdozio, diaconato ed episcopato. La quarta domenica di Pasqua è detta del buon pastore proprio perché si è invitati a pregare per i nostri pastori d’anime, in modo più specifico è la domenica della preghiera perché il Pastore dei pastori, Cristo Gesù, non faccia mancare al suo popolo chi si prenda cura delle sue ferite, chi porti al pascolo, custodisca e preservi dal male le anime che compongono il gregge della chiesa.
Questa immagine che racconta ed identifica la chiesa con il recinto che accoglie le pecore, stimola ad allungare ed allargare sempre più i paletti del recinto stesso per accogliere il maggior numero di persone perché lo abitino e vengano accolte, ristorate, protette ed accudite. Il nostro non è un Dio dai recinti chiusi ma dagli spazi aperti, dagli sguardi che scrutano l’orizzonte, dall’inclusione di tutti. Il suo cuore ha una forza ed una capacità dilatativa e pronta a diventare porta che si spalanca pur di accogliere, includere, integrare. Dio ci precede sempre, cammina a capo del suo gregge per essere guida certa e sicura. Affascina col suo esempio e dona la vita perché l’abbiano in abbondanza. Lui è la porta sempre spalancata e conosce ciascuno per nome. Ognuno singolare, unico, ma sempre abbracciato ed accarezzato dal suo amore.
Gesù più volte si riferisce al fatto che le pecore gli sono state affidate dal Padre e lui promette che nessuno le strapperà dalle sue mani. Lui in prima persona si candida a protezione di chiunque voglia portargli via coloro che sono a lui consegnati dall’amore e dalla premura del Padre. Per queste pecore Gesù assicura che darà la sua vita pur di salvarle. Dona la sua perché quella degli altri sia abbondante, serena, pienamente vissuta e sperimentata con tutta la gioia che dona. Lui non è ladro che rompe, scassina e porta via, ma è custode fino al punto che per salvare rischia e dona se stesso, paga in prima persona perché ama.
Preghiamo per tutti i pastori perché imitino nella dedizione e nel dono di sé colui che è venuto a dare la vita. Preghiamo perché l’unico odore che emanano sia quello delle pecore a loro affidate.