XV Domenica Tempo Ordinario
La gioia di Dio è seminare e non raccogliere
(Isaia 55,10-11; Romani 8,18-23; Matteo 13,1-9 )
Ascoltiamo il Vangelo:
“Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti»”.
Gesù, nel suo insegnamento, sempre, si ispirava al mondo pastorizio ed agricolo in particolare, oppure alla vita reale e concereta. Questa volta rivolge l’attenzione ad un picolo seme paragonandolo alla parola di Dio.
“Il seminatore usci a seminare… “. Il seminatore è un uomo di speranza, di fiducia. Nel seme vede la spiga. Nel dispiacere di un distacco dal seme buttato a terra ci vede la sapienza di chi sa investire, di chi ha fiducia che da sacrificio di un chicco ci sarà la gioia di una spiga.
Il problema è il terreno su cui cade, o meglio a cui viene affidato il seme. È chiaro che migliore è il terreno più abbondante sarà il raccolto. Ma non tutto dipende solo dal seme e dal terreno. Ci sono vari avvenimenti, climatici o naturali che si interpongono tra la collocazione del seme nel terreno e il tempo dell’attesa. I rovi, gli uccelli del cielo, la scarsità di piogge, le erbacce, rallentano, mortificano e riducono l’attecchimento, lo sviluppo e il conseguente raccolto.
Così è della nostra vita. Occorre dissodarla, renderla accogliente, capace di superare le inevitabili difficoltà per sperare nel conseguente ed auspicato raccolto. La parola di Dio, a cui il seme fa riferiemento è potente, gravida di forza, come pieno di energia è ogni tipologia di semi. Le circostanze debbono essere favorevoli perché questa forza, queste potenzialità si esprimano nella totalità. Molte volte siamo asfissiati dagli impegni, mortificati dai pesi della vita, derubati da quelche avversità, distratti da altri segnali. Occorre essere pronti, concimati, arati per accogliere nelle migliori condizioni la parola che ascoltiamo e accogliamo.
Ogni seme contiene in se stesso tutta la forza, la bellezza che, uuna volta accolto ed accudito saprà produrre. Proviamo a pensare all’imponenza di una sequoia, alla bellezza di un fiore multi cormatico, all’attrazione di un albero da frutto: ciliegio, melo, pero, melograno… . La natura ci dona un altro grande insegnamento. Ogni frutto matura a suo tempo. Anche se posti sullo stesso albero i frutti giungono a maturazione in tempi diversi, con forme diverse, con intensità di sapore diversificate. È necessario rispettare i tempi e i modi di ogni seme. È importante rispettare anche le potenzialità, le peculiarità che tutti i semi posseggono. Nessuno saprà mai spiegare come fa un piccolo seme a determinare la nascita, lo sviluppo e il dono dei suoi frutti. Tutto ciò che un seme, col tempo sviluppa e dona, tutto, è già contenuto in sè stesso. È necessario dargli tempo, aspettare, accudire e tutto accadrà.
Per la parola di Dio seminata in ciascuno di noi è la stessa cosa. Esploderà in tutta la sua bellezza e verità. Ciò che dice lo contiene, lo possiede e lo dona. Un seme è fatto per essere posto sotto terra e, morendo, germogliare. Questa morte per la vita è preferibile alla morte per incuria. Sarebbe inutile. Non rimane che per valorizzare un seme, occorre farlo morire per avere il premio di una vita moltiplicata. Un seme si esalta se gli si permette di germinare, lo si mortifica se lo si abbandona a se stesso comunque destinato a morire ma inutilmente.
“Il seminatore uscì a seminare… “. Dio è il seminatore dell’umanità. La sua gioia è seminare e non raccogliere, dare non pretendere. La sua gloria non è mietere ma lanciare semi di vita in ogni stagione, in ogni condizione, anche quando il terreno è arido, sterile. Basta una goggia di rugiada mattutina e quel seme comunque esploderà.
Dio contadino. Dio col pugno chiuso pieno di semi da gettare e non con il pugno che tiene in mano la falce per raccogliere. Instancabile, fiducioso, intraprendente, lui il seminatore dei nostri cuori, uscirà ancora a seminare, non si stancherà mai di seminare. Semi di vita. Semi di gioia. Semi di speranza. Semi… .