Ascensione del Signore
Non più con loro, ascende in cielo, ma dentro di loro, fino alla fine
(Atti 1, 1-11; Efesini 1, 17-23; Matteo 28, 16-20)
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»”.
Nonostante siamo già diverse volte che Gesù, dopo la sua morte, sia apparso e si sia intrattenuto cono i suoi discepoli, essi non ancora credono. Hanno il cuore ancora chiuso come chiuse erano le porte dietro le quali, per paura si rifugiavano. Egli li raggiunge, li comprende, li accoglie, mangia con loro. Fa di tutto per dimostrare che non è un fantasma, ma essi dubitano ancora.
Lui continua ad avere fiducia in essi. Sa che sono increduli, fragili. Li conosceva. Li aveva scelti lui, non per virtù o qualità particolare ma semplicemente perché li ha amati. Nell’incertezza del momento, anche se non ancora adatti per la missione che sta per affidare loro, li convoca sul monte. Affida loro parole di “fuoco”. Passa il testimone perché continuino loro la sua stessa missione. Poggia sulla loro incapacità, sull’incompetenza e sulla paura la missione che lui stesso ha ricevuto dal Padre. Dio non sceglie chi ha meriti, chi è il migliore, chi è capace, ma rende capace chi chiama. Tutto dipende dalla forza, dall’ispirazione, dall’entusiasmo che egli produce in chi lo segue. Quanti sogni si seguono senza essere capaci di comprenderli fino alla fine. La forza propulsiva la dona la voglia di realizzare, di arrivare, di coronare di successo qualsiasi cosa si intraprenda.
Il giocatore, l’atleta si buttano nell’agone per il solo desiderio di vincere. Per questo soffrono, lottano, sperano. Non badano ad eventuali errori, sconfitte. Si rialzano, indomitamente si spendono, si consumano pur di realizzare di portare a termine. Sì, tutto questo è vero ma i discepoli non sanno nulla di cosa li attende. Hanno le peggiori predisposizioni custodite nella loro incertezza e ricevono un compito a cui non si sentono né abilitati, né attratti.
Gesù li manda: “andate”. Li impegna: “Fate discepoli tutti i popoli …”. Li rassicura: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»”. Questa è la certezza che giustificherà ogni loro passo ed ogni loro scelta. Questa sarà l’energia che permetterà loro di dare finanche la vita affinché si compia ciò che hanno ricevuto come mandato da colui che un giorno, in riva al mare, li aveva calamitati promettendo di farli diventare “pescatori di uomini”. Non sanno, ma vanno. Non capiscono, ma si fidano. Non hanno forze, ma si buttano. L’unica compagni che posseggono è la certezza che non saranno soli.
Quante volte la forza dell’amore delle persone che ci circondano, di quelle che per noi contano, sono importanti, ci ha dato la forza e il coraggio di camminare, lottare? Ecco: sapere che siamo amati, che dobbiamo amare è la benzina per ogni viaggio della vita. Per ogni lotta dell’esistenza. Per realizzare ogni desiderio.
Anche chi è stato sconfitto da una malattia, chi è stato sotto il dominio della droga, dell’alcol, del piacere smodato e trasgressivo, sono attratti dalla luce in fondo al tunnel per risorgere dalle loro sconfitte. L’amore che hanno per sé stessi, per le persone che amano, per i progetti di risurrezione da raggiungere, diventa la forza che non c’è, la competenza che manca, l’astenia e la pigrizia che paralizzano. “Io sono con voi”. È un sorso di verità, una carezza d’amore, una mano sulla spalla, un incoraggiamento nel momento del buio, dell’abbandono, dello scoramento. “Tutti i giorni”. Anche quando è buio. Anche quando piove. Anche quando si è indolenti, refrattari, insensibili. “Fino alla fine del mondo”, cioè sempre. Perché certamente finiremo prima noi che il mondo intero.
Gesù che si fida delle loro debolezze in-segna (cioè segna dentro ciascuno di loro) che se prima era con loro, ora sarà dentro di loro. Più vicino. Più intimo. Prima insegnava a respirare ora sarà il loro respiro. Prima indicava dove trovare la forza ora sarà la loro forza. Non ci sarà più fisicamente, ma non li abbandonerà mai. Come i genitori con i figli. Dapprima li conducono per mano poi, li incoraggiano e in seguito li lasciano camminare da soli confidando solo nella certezza che comunque ci sono sempre. E i figli volano.
Gesù dona ali d’aquila a tutti coloro che, accogliendolo, si fidano del suo amore.