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lunedì, 30 Dicembre 2024
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Nel flusso della vita divina, la comunione d’amore della Trinità

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Santissima Trinità
Nel flusso della vita divina, la comunione d’amore della Trinità
(Proverbi 8, 22-31; Romani 5, 1-5; Giovanni 16, 12-15)

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà»”.


“Lo Spirito è la vedetta sulla prua della mia nave. Annuncia terre che io ancora non vedo. Io gli do ascolto e punto verso di esse il timone, e posso agire certo che ciò che tarda verrà, comportarmi come se la rosa fosse già fiorita, come se il Regno fosse già venuto” (Ermes Ronchi).
Lo Spirito promesso da Gesù è colui attraverso il quale è possibile vedere in modo prospettico, profetico. Attraverso i segni di oggi, i sogni di oggi, si intravvede il futuro. Il contadino che semina sogna già la mietitura. Il potatore nel ferire l’albero che taglia già vede l’abbondanza e la bontà dei frutti. L’innamorato nel buio della sera che lo separa dal suo amore vede la gioiosa luce del giorno successivo.
Questa capacità di lettura e di interpretazione lo Spirito lo dona anche per vedere Dio lì dove l’occhio umano non lo percepisce. Gesù promette, lo Spirito apre la mente, Dio dona. Già in questo si vede la Trinità come capacità di relazione di comunione e di collaborazione. Non un circuito chiuso. Ognuno in sé stesso, ma un flusso di relazione amorosa che non è imprigionata ma si dona. Dio travasa da sé stesso riversandola sugli uomini la sua capacità di essere comunione comunitaria che eternamente si dona, si partecipa.
Nell’atto creativo Dio stesso si preoccupa della vita relazionale di Adamo. “Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda” (Genesi 2,18). Questa capacità relazionale donata da Dio all’uomo e la sua vera “immagine e somiglianza”. Certo Dio non ha un corpo per cui non si parla di somiglianza somatica ma ontologica, nello spirito, nella capacità di porsi in relazione per stabilire comunione, amore e non rivalità, sopraffazione, competitività, aggressione. Se Dio è in questa comunione, anche l’uomo sarà in analoga relazione d’amore.
L’uomo porta nel suo DNA spirituale l’essenza stessa di Dio che è comunione trinitaria, mistero d’amore, maturità di dono. “Se vedi l’amore, vedi la Trinità” (sant’Agostino). Ogni volta che si è costruttori di relazioni, di ponti, di intrecci d’animo si rende visibile la Trinità. Essa non è una complicata formula matematica dove si cerca di far coincidere il tre con l’uno, ma il cuore nel cuore. Danza di fraternità, sinfonia d’amore, carezza di accoglienza e dono.
Ecco perché la solitudine, il vuoto, l’isolamento, quando non sono scelte vocazionali, diventano prigioni che incarcerano, limitano, soffocano e fanno morire. Tutto questo è contro la natura stessa dell’uomo. È la relazione che esalta, realizza, vocazionalmente, le aspirazioni umane. Quando accolgo e sono accolto da qualcuno, sto così bene: perché realizzo la mia vocazione. È l’amore allora la flebo da immettere nelle vene dell’umanità perché cambi il suo percorso, perché renda feconda e salutare la sua esistenza.
Tutto circola nell’universo: pianeti, astri, sangue, fiumi, vento e uccelli migratori… È la legge della vita, che si ammala se si ferma, che si spegne se non si dona. La legge della chiesa che, se si chiude, si ammala, si ammuffisce. Implode (papa Francesco). Come l’acqua di uno stagno, benché sufficientemente grande, ha bisogno di scambio per non imputridire, così le relazioni umane occorrono d’essere continuamente rigenerate, rinnovate, ravvivate. In questo la santissima Trinità ci è di esempio: è sempre in missione, sempre fuori casa, come noi per evangelizzare dobbiamo stare “fuori” dalla chiesa.

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