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sabato, 21 Dicembre 2024
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Dio sa rispettare la fragilità della nostra fede

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II Domenica di Pasqua  

Dio sa rispettare la fragilità della nostra fede

(Atti 5,12-16; Apocalisse 1,9-11.12-13.17-19; Giovanni 20,19-31).)

Ascoltiamo il Vangelo:

“La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”.

Continua la pazienza di Dio in favore di tutti. Ha donato sé stesso morendo sulla croce. È risorto. Ma ancora non gli si crede. Alcuni hanno bisogno di “spot” pubblicitari, di “dimostrazioni” della sua risurrezione. E Gesù non si sottrae. Continua ad apparire. A spiegare. Ma, soprattutto, non rimprovera. Comprende. Si sottopone ad ogni forma di ulteriore prova da dare, spiegazione da offrire. Ancora una volta, è lui che compie il primo passo, quello più difficile. Si presenta ai suoi amici increduli, impauriti e rinchiusi, nel cuore e fisicamente, dentro il cenacolo.

Gesù supera le chiusure. Si presenta e dona la pace. Non parole di rimprovero, non rivendicazioni. Men che meno pretese. Dona, non chiede. Si presenta, non pretende. È morto per pacificare il cielo con la terra. Risorgendo, porta quel dono: la pace. E la condivide con chi l’ha abbandonato, tradito e, ora, per paura, si sono rinchiusi. Non hanno capito nulla. E Gesù, pazientemente, si mette al loro livello e cerca di liberarli dai lacci del timore, dalle catene della paura, dalla paralisi dell’immobilismo e del bisogno di nascondersi.

Dio ci sa sempre stupire e sorprendere. Non solo non li rimprovera ma porta con sé i doni della pace edell’alito del suo Spirito. Ma loro, nonostante tutto, rimangono ugualmente lì anche se, a Tommaso, che era assente, testimoniano che hanno visto il Signore risorto. Ma ancora impauriti restano chiusi per altri otto giorni. Il tempo che Gesù sceglie per ripresentarsi e accettare la sfida che Tommaso offre opponendo alla testimonianza la sua non sconfitta titubanza. “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”.

Gesù torna e si rende disponibile a soddisfare la richiesta di Tommaso. Ma prima ancora dona, come la prima volta, la sua pace. Ancora pazienta. Non rimprovera. Non li abbandona a sé stessi. Ma invita: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”. Il Signore ci permette di esprimergli i nostri dubbi. Permette che noi chiediamo delle prove. Conosce le nostre fragilità più di noi stessi, per questo aspetta che noi maturiamo. Attende che noi camminiamo verso la verità. Ci aiuta nella debolezza e nell’incredulità. Questa estrema arrendevolezza di Dio lo rende a noi più vicino. È la sua pedagogia per attirarci a sé.

Lui stesso aveva detto che il chicco di grano che cade morendo, soffocato dalla terra, risorge e dona una vita nuova, quella germogliata dalla sua morte. Dal suo dono. Dal suo immolarsi. Ma il frutto necessita di un tempo per essere prodotto. La natura lo impone. Così il cuore dell’uomo per produrre la fede necessita di maturazione, di tempo. E Dio aspetta. Aspettare è speranza. Aspettare è amore. E Dio è amore!

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