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“È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo”

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Battesimo del Signore

“È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo”

 (Isaia 40,1-5.9-11; Tito 2,11-14; 3,4-7; Luca 3,15-16.21-22)

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». 
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»”.

Il battezzato è un immerso in Dio. Quando si è immersi si è anche avvolti, abbracciati. Questo è successo nel nostro battesimo e nel battesimo di tutti coloro che sono stati immersi in Dio. Battezzare significa proprio questo: essere, totalmente, immersi in Dio. Questa immersione produce un cambiamento radicale: veniamo rivestiti della sua divinità. Attraverso il Natale Dio ha assunto la condizione umana, ha indossato la divisa umana, noi, attraverso il battesimo, abbiamo indossato la divisa della divinità.

La natura umana viene nobilitata perché abitata da Dio. Ogni uomo battezzato è una tenda di Dio. Tutto questo è un dono meraviglioso del suo amore, la potenza della sua paternità produce in noi la figliolanza che ci lega indissolubilmente a lui e ne consegue la fraternità condivisa con tutti coloro che come noi vivono la stessa condizione. Ciò che accada nel battesimo è dono di Dio, vivere il battesimo dipende da noi. Essere cristiani è dono, vivere da cristiani è impegno. Progetto.

In questo consiste la vita del cristiano onorare Dio nella nostra esistenza.  San Ignazio di Antiochia dice: “È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo”. Lo sforzo di una vita non basta per onorare dignitosamente la condizione battesimale. È un esercizio che non finisce mai perché quando sembra che sia giunto al termine ricomincia daccapo.

Il battesimo, oltre che renderci figli e fratelli, ci aggrega anche alla famiglia di Dio: la chiesa. È essa che con la missione ricevuta da Gesù: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28, 19-20).

Ogni battezzato dunque deve sentire la chiesa come madre e deve avvertire che fa parte di una famiglia. Il suo rapporto con Dio non è solo qualcosa di intimo, privato e personale, ma in modo personale, deve avvertire d’essere, come di fatto è: parte di un unico popolo. Ognuno deve vivere la sua parte, la sua vocazione, il suo ruolo. Ognuno deve dare quello di cui è portatore, tutto deve concorrere all’economia dell’intera famiglia di Dio. Il cristianesimo si vive al plurale e non al singolare. Noi e non io. Comunitariamente, non isolatamente.

Coloro che vivono la fede come un fatto riservato a sé stessi implodono e tradiscono la natura stessa del battesimo che è aggregante e non disgregante, unisce e non divide, rende famiglia. Come sarebbe diverso se ogni battezzato vivesse più appieno tutto questo, ci sarebbe un maggiore vantaggio per i singoli e risplenderebbe maggiormente la forza battesimale depositata in ciascuno di noi battezzati. Difatti il giorno del battesimo riceviamo un “fermento” un “principio attivo” di eternità. Col battesimo si innesca in noi l’eternità. Quella vita spirituale ricevuta in dono è immortale, non cesseremo mai più d’essere figli di Dio. Proprio come quando nasce un figlio: la mamma e il papà non cesseranno mai d’esserlo. Il loro DNA è scritto e decifrabile, riscontabile nelle cellule del figlio. Nel DNA del cristiano ci sono i “cromosomi” divini. Questo ci dona, innescandola in noi, l’eternità divina. Occorre onorare tutto questo testimoniandolo, vivendolo ogni giorno, ogni attimo. Insieme.

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