TERMOLI. «Vi ringrazio per la testimonianza che avete dato, nella vita occorre fare un primo passo, sempre». Con queste parole Papa Francesco ha salutato i ragazzi e i loro accompagnatori che ha ricevuto in udienza privata venerdì scorso in Vaticano e tra costoro anche don Benito Giorgetta e gli ospiti della casa famiglia Iktus, Lucia e Bernardo Bertolino. Anzi, che ogni passo sia il primo, affinché tu rinnovi sempre, il concetto espresso dal pontefice Bergoglio. Una giornata straordinaria, sintetizzata con un post social dal parroco di San Timoteo, che ha incontrato Sua Santità più volte nel corso del suo pontificato, stavolta assieme alle comunità di ragazzi del Cec di Vasto e Figlia di Sion da Castel di Sangro. «Le parole di consolazione, vicinanza, sollecitudine e incoraggiamento di Papa Francesco espresse nell’Udienza privata il 22 ottobre 2021 riservata ai ragazzi della casa famiglia “Cec- Iktus Lucia e Bernardo Bertolino” al “Cec” di Vasto e alla comunità Figlia di Sion di Castel di Sangro. Il Papa, in particolare, ha voluto rilasciare un messaggio per tutti coloro che non erano presenti. È stata una udienza in cui il Santo Padre si è soffermato per oltre un’ora e trenta con i ragazzi e i loro accompagnatori. Ha ascoltato le storie di ciascuno con attenzione e commozione. Ha ringraziato per la visita, e, come sempre fa in un clima di serenità e ilarità si è intrattenuto amabilmente con ciascuno».
Dell’incontro ha parlato anche Vaticannews, il sito delle cronache di San Pietro, a firma di Benedetta Capelli, che poi ha intervistato don Benito Giorgetta. Nel corso dell’intervista, il parroco ha spiegato come nasce l’incontro.
«Nasce dal cuore del Papa perché sappiamo che lui è molto attento e vicino alle debolezze, alle fragilità delle persone e in modo particolare dei carcerati. Non dimentichiamo che a Roma, in un Giovedì santo, per la lavanda dei piedi il Papa si è recato a Casal del Marmo che è un carcere minorile. Quindi conoscendo questa premura del Papa, avendolo incontrato in diverse circostanze, ho osato chiedergli se ci poteva ricevere e ieri finalmente si è avverato questo sogno. Il Papa più che dire ha ascoltato, ha accolto, ha immagazzino, ha fissato il suo sguardo su ciascuno di loro. Dopo una mia breve presentazione le persone presenti hanno parlato della loro vita, hanno raccontato di sé. Il Papa con molta attenzione era ammirato da quello che ascoltava. Sentiva ciò che veniva raccontato con sacrificio e con sofferenza, lui in modo empatico si immedesimava nel cuore, nella vita di queste persone. Solo alla fine ha dato un messaggio per farlo vedere anche agli altri detenuti. Ha più ascoltato che parlato e quando ha parlato ha dipinto, con delle pennellate uniche, vere e profonde, con dense sfumature. Ha dato attenzione, premura, sollecitazione e incoraggiamento.
Erano presenti due persone che da ex detenuti oggi sono responsabili di due case famiglia che accolgono detenuti, ex detenuti. Questo la dice lunga come dalle ceneri si può risorgere, come dalla morte si può risorgere e si può testimoniare l’amore di Dio che opera nelle debolezze. Uno di loro in modo particolare mi diceva che si vergognava di raccontare la sua storia e il Papa lo ha sollecitato con lo sguardo, con il sorriso, dicendogli che non si doveva vergognare perché dalle cose raccontate emergeva la speranza e quindi “benedetta sia anche la vergogna”. Veramente abbiamo vissuto momenti molto intensi, quello dell’attesa nel quale sembravamo tutti scolaretti che aspettavano l’ingresso della maestra. Ogni volta che si apriva la porta eravamo tutti i fissi con lo sguardo. Al suo arrivo il Papa ci ha messo a nostro agio e poi l’emozione, il pianto per qualcuno. Essere stato a fianco del Papa per farsi una foto o ricevere direttamente dalle sue mani un rosario è stata veramente un’emozione intensa perché i ragazzi si sono sentiti vicini, hanno detto, all’uomo più importante del mondo».