Papa Francesco, nei saluti del dopo Angelus, invita di nuovo i fedeli a prendersi più cura del prossimo. Il suo pensiero ai malati e a chi, a causa del lockdown, vive difficoltà economiche, oppressione e sfruttamento
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Da cristiani “rifuggiamo dalla mentalità fatalistica o magica”, per impegnarci nella cura degli altri. E’ la richiesta per l’anno appena iniziato che Papa Francesco, nei saluti del dopo Angelus, torna a rivolgere ai fedeli, così come già fatto nell’omelia del 1° gennaio per la solennità di Maria Santissima Madre di Dio:
Sappiamo che le cose andranno meglio nella misura in cui, con l’aiuto di Dio, lavoreremo insieme per il bene comune, mettendo al centro i più deboli e svantaggiati. Non sappiamo che cosa ci riserverà il 2021, ma ciò che ognuno di noi e tutti insieme possiamo fare è di impegnarci un po’ di più a prenderci cura gli uni degli altri e del Creato, la nostra casa comune.
Tristezza per chi ha pensato solo alle vacanze
Esiste il rischio, è l’avvertimento del Papa, della “tentazione di prendersi cura soltanto dei propri interessi, continuare a fare la guerra – per esempio – concentrarsi solo sul profilo economico, vivere edonisticamente, cioè cercando solamente di soddisfare il proprio piacere”:
Ho letto sui giornali una cosa che mi ha rattristato abbastanza: in un Paese, non ricordo quale, per fuggire dal lockdown e fare le vacanze bene, sono usciti quel pomeriggio più di 40 aerei. Ma quella gente, che è gente buona, ma non ha pensato a coloro che rimanevano a casa, ai problemi economici di tanta gente che il lockdown ha buttato a terra, agli ammalati? Soltanto, fare le vacanze e fare il proprio piacere. Questo mi ha addolorato tanto.
La vicinanza a chi inizia l’anno in sofferenza
Il saluto di Francesco, quindi, si rivolge in conclusione a “quanti iniziano il nuovo anno con maggiori difficoltà: ai malati, ai disoccupati, a quanti vivono situazioni di oppressione o sfruttamento”. Infine il saluto alle famiglie, “specialmente quelle in cui ci sono bambini piccoli o che aspettano una nascita. Sempre una nascita è una promessa di speranza: sono vicino a queste famiglie”.