Mi è stato chiesto, in occasione del centenario della nascita di san Giovanni Paolo II, un ricordo personale di questo Papa rimasto sempre “uomo” benchè santo e al servizio del mondo intero. Ho colto con favore l’invito ritenendolo un’occasione per esprimere gratitudine filiale e sincero affetto ad una persona che per molti versi ha segnato la mia vita umana, cristiana e sacerdotale. Anzi, credo che sia addirittura doveroso, compiere questo gesto testimoniale perché la sua figura lo merita ma anche perché mi offre l’occasione di dissodare dal terreno del mio cuore ciò che nel tempo si è sedimentato.
Karol Jozef Wojtyla nasce a Wadowice in Polonia il 18 maggio del 1920, cent’anni fa. Dono della provvidenza al mondo intero visto che a motivo del suo ministero petrino lo ha girato in lungo e in largo come se avesse percorso due volte e mezzo il viaggio terra luna andata e ritorno. Tutti hanno beneficato della sua parola, dei suoi gesti, dei suoi intuiti, delle sue provocazioni, degli stimoli e delle innovazioni. E’ stato colui che ha donato il Papa a tutti. Non si è risparmiato, non ha fatto il prezioso, ha saputo abitare i tuguri, le tende degli indiani gli igloo degli esquimesi i palazzi delle regine e dei presidenti ma anche i dispensari di Madre Teresa di Calcutta abbracciando lebbrosi e moribondi. Una delle definizioni più belle, emblematiche e riassuntive di questa personalità spiccata per acume e per sensibilità è quella pennellata da un giornalista che disse: “E’ l’uomo che ha costretto la storia a seguire le sue orme”.
Essendo stato Papa, 264° della storia della chiesa, per circa 26 anni e mezzo, dal 16 ottobre 1978 fino al 2 aprile 2005 quando alle 21,37 quando si è congedato da questo mondo, ha davvero traghettato, tenendola per mano, tutta l’umanità, ad entrare nel nuovo millennio dopo aver ampiamente contribuito all’abbattimento del muro di Berlino, 9 novembre 1989, e all’apertura della “cortina di ferro”.
Ma mi sono distratto dal piacere di scavare nei miei ricordi personali. Vari, intensi, gratificanti e robusti sono stati i momenti di incontri anche personali con Giovanni Paolo II. La prima volta, ricordo ancora col cuore che palpita, perché sono emozioni uniche nella vita, ero giovane diacono e ho avuto la gioia e l’onore di esercitare il ministero diaconale il 1 gennaio 1980 quando si celebra Maria santissima Madre di Dio e la Giornata mondiale per la pace. Tutti noi del servizio, già con gli abiti liturgici propri indossati lo attendevamo, davanti la pietà di Michelangelo, e lui, sceso dall’ascensore interno coperto dall’ampio mantello rosso si intravvede da lontano e si avvicina a ciascuno di noi per salutarci. La stretta di mano robusta e convinta, il sorriso e la profondità del suo sguardo, occhi negli occhi, come lui era solito fare, mi hanno fatto trasalire ed estraniare. Tutto sembrava un sogno. Ancor di più quando, camminando ad appena un paio di metri dinanzi a lui, abbiamo processionalmente percorso tutta navata centrale di san Pietro accompagnati dal coro della Cappella sistina. Ricordo che io pensai tra me e me: ”Ma possibile, io, Benito da Montemitro, sono qui, in questa Basilica, davanti al Papa” Se mi avessero misurato la pressione forse ero prossimo al collasso. Da quella volta molte altre occasioni ebbi di incontri unici e particolari. Al carcere minorile di Roma, Casal del Marmo, quando venne a visitare i giovani li accolti durante un periodo di volontariato che per la prima volta facevo in un carcere. Nella sua cappella privata in Vaticano quando con i miei compagni di corso seminariale, accompagnati dal Vescovo Monsignor D’Ambrosio abbiamo concelebrato col Papa in occasione del decimo anniversario della nostra consacrazione sacerdotale e in quella occasione ebbi anche l’ardire di chiedere un autografo che lui ben volentieri mi concesse e che, ovviamente, conservo con cura e devozione. Ce ne sarebbero di altri incontri ma voglio riferirmi ad uno condiviso da molti termolesi quando.
Il 19 marzo 1983 Giovanni Paolo II venne qui a Termoli scendendo dall’elicottero nel porto cittadino. Accoglierlo nella casa episcopale assieme a tanti altri, fare parte successivamente del corteo papale con la mia macchina per andare dalla Cattedrale all’attuale piazza del Papa, portando con me la mamma del Vescovo Cosmo Francesco Ruppi, correre davanti al papamobile, a piedi, ad indicare il percorso che doveva compiere per salutare tutti i convenuti, sono ricordi indelebili ed emozioni uniche.
Ma al di là di questi frammenti e fotogrammi custoditi nel cuore, rimane il fatto che Giovanni Paolo II è stato il Papa di gran parte della mia vita sacerdotale fino ad ora e mai dimenticherò quando, giovane seminarista nel seminario di Chieti assistetti, assieme a tutti gli amici all’inaugurazione del suo pontificato il 22 ottobre 1978 quando pronuncio le ormai fatidiche parole:” Aprite, anzi spalancate pe porte del vostro cuore a Cristo…..”. Ecco il programma di un pontificato, ecco le parole più preziose che da sempre ho ospitato e spesso accarezzato dentro di me perché hanno orientato il mio cammino, nutrito la mia fede, sostenuto le mie fatiche e impreziosito la mia vita cristiana. E allora come non dire con tutto il cuore e il trasporto affettivo filiale:” Grazie santo Padre! Grazie san Giovanni Paolo II”. Ma questo grazie glielo dissi già con sacrificio quando per visitare il suo corpo esposto in basilica san Pietro, solo per pochi attimi, feci la fila con i pellegrini di sei pulman da Difesa Grande, per ben 18 ore. Una giornata intera. Come pure gli dissi grazie partecipando, in piazza san Pietro, alla messa della sua proclamazione a Beato. Ma ancora oggi, e non per l’ultima volta, gli dico ancora, spero in coro con tutti voi che leggerete: “Grazie san Giovanni Paolo II”, aggiungendoci: , ”aiutaci e guidaci ancora, sempre, con te ci sentiamo più sicuri e, visto che ci puoi sentire, auguri per i tuoi cent’anni”.