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venerdì, 15 Novembre 2024
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La cecità di chi presume di vederci

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IV Domenica di Quaresima

La cecità di chi presume di vederci

(1 Samuele 16, 1b.4a. 6-7. 10-13a; Efesini 5, 8-14; Giovanni 9, 1-41)

Ascoltiamo il Vangelo:

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».  Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».  Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane»”. 

Ancora un escluso, ancora un emarginato che viene riesumato dall’anonimato e posto in cattedra. In effetti, il vero maestro è Gesù, ma si serve della debolezza, della fragilità e del peccato dell’uomo per soccorrerlo, redimerlo e insegnare l’arte d’amare. Il cieco nato, lasciato ai bordi, perché considerato immerso nel peccato, privo di diritti e di vita sociale, viene accostato, ascoltato e guarito da Gesù al quale, egli, dichiara di essere peccatore.

I farisei, esperti della legge, ma analfabeti dell’antropologia divina, criticano, gridano allo scandalo perché è stato guarito in giorno di sabato. Per loro viene prima la legge e le sue prescrizioni e poi l’uomo e le sue esigenze. Tutto, secondo la loro logica, può essere taciuto, ignorato, sorpassato pur di far emergere l’asettico e moralistico imperativo dell’osservanza legale. Per Gesù, invece, viene prima l’uomo, le sue debolezze e fragilità e poi il resto. I veri ciechi sono i farisei e non il cieco nato al quale Gesù, in virtù della sua fede, gli ridà la vista. I farisei rimangono nelle loro ombre, avvolti, imprigionati e imbavagliati nelle loro false e fuorvianti sicurezze.

Tutto questo, e coloro che si riconoscono in questa logica, si pongono nella cecità umana, spirituale e relazionale. Sono loro i veri inguaribili ciechi, mentre il cieco viene guarito e gli è restituita la dignità rubatagli dalla falsa convinzione che fosse peccatore, giacché non vedente. Occorre scuotersi dal proprio perbenismo ipocrita e riduttivo ed aprirsi alla più ampia e confortevole visione della bellezza di un uomo felice, sereno, recuperato. Prima di tutto la persona umana con i suoi diritti e poi le regole, le carte, la burocrazia. Tutto si deve sacrificare pur di porre in evidenza la dignità umana. Tutto si deve mettere in fila e deve essere considerato secondo dinanzi al diritto inalienabile e sacrosanto della priorità dell’uomo. Così ha voluto Dio e così dobbiamo imparare noi, anche se per farlo dobbiamo metterci alla scuola dei poveri, degli emarginati, dei ciechi e degli ultimi. Loro conoscono le vere scorciatoie per arrivare prima a Dio.

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