(Isaia 62, 1-5; 1 Corinzi 12,4-11; Giovanni 2,1-11)
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”.
Gesù, in tutto rassomiglia ad ogni uomo, non solo perché si è rivestito, nell’Incarnazione, dell’abito umano, ma anche perché vive tutte le modulazioni dei sentimenti umani. Piange, ride, ha compassione, condivide le gioie, moltiplica le attenzioni. Con i suoi amici viene invitato, assieme alla madre, ad un banchetto nuziale e vi partecipa dichiarando così che l’amore coniugale è sacro e benedetto, è una gioia da condividere e una proposta a cui aderire. E proprio in questo contesto, quello sponsale, lui sollecitato dalla madre, compie il primo segno che diventerà il segno dei segni che da lì in avvenire attesteranno la sua emanazione divina e il suo messianismo.
Ne matrimonio si celebra l’amore tra un uomo e una donna e la presenza di Gesù attesta che questa iniziale scintilla relazionale per stabilire l’inizio di una famiglia diventerà un fuoco che alimenterà il resto della vita.
La capacità di Maria di prevenire l’assoluta mancanza del vino dalla mensa coniugale, avvertendo per tempo Gesù, tira fuori dal rischio della brutta figura il maestro di tavola e gli sposi stessi. Maestra di preghiera, Maria ci insegna come rapportarsi con Dio: manifestargli le nostre esigenze e non pretendere di suggerirgli come intervenire. “Non hanno vino”. E agli inservienti suggerisce: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Solo dopo qualche leggera rimostranza e apparente resistenza Gesù interviene chiedendo di riempire d’acqua le giare. Le sei anfore, riempite fino all’orlo, vedono trasformato il loro contenuto da acqua in vino che, assaggiato dal maestro di tavola, delizia il palato dei commensali fino ad elogiarne la bontà.
La mancanza di vino, cioè di gioia, di serenità, di sollievo, spesso si registra anche nella nostra vita, nel quotidiano, allora anche noi dovremmo rivolgerci a colui che ce ne può servire, con la stessa mansuetudine collaborativa dei servi nei confronti del maestro. Anche a noi ci viene suggerito di fare qualsiasi cosa ci viene detta. Ma siamo mansueti, disponibili, attenti esecutori oppure vorremmo fare di testa nostra? Ecco la sapiente saggezza dei servi, fare quanto viene indicato da chi ne la capacità e da chi esercitatale funzione. Spesso la vita nel suo quotidiano di fa sperimentare secche di speranza, sabbie mobili di vitalità, allora irrorati dalla Parola di Dio dobbiamo essere capaci di ascoltare, collaborare. Oggi la Chiesa, figura di Maria ci dice, indicandoci suo figlio: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Quando questo accade succede il miracolo. Dio non tanto ci dona quanto meritiamo ma di quando e di quanto abbiamo bisogno, riempie sempre le anfore vuote del cuore col vino della consolazione e della misericordia.