(Sapienza 2,12.17-20; Giacomo 3,16-4,3; Marco 9,30-37)
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnào. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»”.
Nel cristianesimo l’arte del servizio la si apprende da un artigiano speciale e da una bottega particolare. L’officina di Dio, intesa come luogo di sperimentazione, è l’umanità intera. In essa, lui si è incarnato non per essere servito ma per servire. E davvero ne ha dato l’esempio. La mappa che racconta la lunga storia di servizio e dedizione inizia nel segreto di Nazaret, quando nel grembo di Maria, si è impiantato il verbo di Dio. Betlemme è il luogo della nascita, l’Egitto della fuga per scampare da una morte sicura, Gerusalemme è l’esaltazione e la consacrazione definitiva. Lavanda dei piedi, perdono dei peccati, Calvario. Dio muore per amore per servire l’uomo ferito, escluso, allontanato, calunniato, dimenticato, oppresso.
Nel lessico di Dio esistono parole, sinonimi, verbi, espressioni che lui predilige in modo particolare e utilizza con naturalezza: servire, ultimi, esclusi, lontani, piccoli. Di queste parole lui possiede sempre l’ultima versione, quella più aggiornata: il 2.0, a cui noi sempre dovremmo indirizzarci. Per Dio il servizio è una cosa seria, è un’avventura che ogni cristiano dovrebbe sperimentare, anzi desiderare, occasionare. Il servizio come amore, tenerezza, cura e attenzione dell’altro. Tutti, nella vita, vogliamo primeggiare, risultare vincitori, primi in classifica ed è bello, ma dipende dalla direzione che prendiamo. Secondo la logica umana è quella ascensionale, per Dio è quella diametralmente opposta. Chi si fa ultimo sarà primo. Chi prende la strada del servizio arriverà primo.
Il nome più bello dell’amore è servire. Chi non serve, non serve! Una vita sprecata quella non donata, non immolata. Lo dice Gesù stesso chi vorrà salvare la propria vita la perdere, ma chi la perderà a causa sua e del vangelo la salverà. “Servi inutili a tempo pieno” diceva don Tonino Bello. L’icona di Gesù che si china dinanzi ai suoi amici per lavare loro i piedi durante la notte del tradimento dovrebbe appartenere ad ogni uomo che vuole essere davvero cristiano.
Un altro grande apostolo che nella sua vita ha incarnato e dato spettacolo di questa scelta è Raoul Follereau. Diceva: “Servire è aiutare gli altri a vivere!”. Solo lo sciopero dell’egoismo cui può portare all’altruismo e al servizio delle necessità del prossimo. Solo facendo così conosceremo l’apicale vertigine dell’abbassamento per raggiungere gli altri, per avvicinare tutti e servirli. E’ un onore essere stati utili ad accendere la gioia, la speranza, la forza, la fiducia nel cuore di qualcuno. Solo il servizio ce lo fa scoprire.