Ascensione del Signore
(Atti 1,1-11; Efesini 4,1-13; Marco 16,15-20)
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quel tempo, [ Gesù apparve agli Undici ] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”.
Il contagio, in campo medico, è una grave forma di contaminazione che mette in serio pericolo la salute, e, per questo si cerca, in ogni modo, di prevenirlo, di scongiurarlo, per non curarlo. I virus che si sprigionano e si propagano da una malattia potrebbero contagiare e infettare un gran numero di persone compromettendone la salute. Quanto peggiore e grave è la malattia, tanto più è il rischio di contagio. Nel cristianesimo il contagio è una buona cosa. Magari si diffondesse, come un virus, certo non mortale, ma salvifico, salutare. E’ Gesù stesso che lo chiede a coloro cha ha convocato sul monte e poi sale al cielo sparendo dalla loro vista: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura…”.
A coloro che lo avevano seguito, anche se lo avevano abbandonato e rinnegato, lui affida i suoi stessi poteri e li invita alla stessa missione che aveva ricevuto dal Padre: la salvezza del mondo. E’ compito ed impegno, oggi, di ogni battezzato essere capace di contagiare, con la propria testimonianza, e attirare verso la salvezza tutti coloro che si incontrano nel percorso della propria vita. Il cristianesimo per poter essere conosciuto deve essere predicato, ma soprattutto praticato, testimoniato. La gioia che deriva dall’aver incontrato Cristo deve disegnarsi sul volto di ogni cristiano al punto che diventi contagioso e invogli gli altri: i distratti, gli assenti, gli avversari ad innamorarsi di Cristo, attraverso la dimensione testimoniale di coloro che lo sperimentano e conoscono. Come una calamita attira a sé, così il cristiano deve attirare e indirizzare a Cristo.
“L’Ascensione del Signore è la celebrazione di due partenze”: Cristo verso il cielo, gli uomini verso i loro simili. Ambedue inviati, perché “unti”, consacrati dall’amore di Dio, per l’umanità. La prima partenza, quella di Cristo, è un ritorno; la seconda, quella degli apostoli, è un andare “verso le periferie geografiche ed esistenziali” di ieri, di oggi, di sempre. La sorgente è sempre immutabilmente la stessa: l’inesauribile volontà di Dio di salvare l’uomo, costi quel che costi.
Ancora oggi ci sono guarigioni di cui essere portatori, linguaggi nuovi da condividere, ma è sempre lo stesso Dio che, servendosi di chi gli dona, mani, piedi, voce cuore e mente, continua ad amare, soccorrere, salvare. E’ necessario far risalire il cuore nelle mani, nei piedi e nelle parole. Non gesti vuoti, cammini insipidi, parole vuote, ma tutto, nato, sviluppato e coordinato nell’amore, unica medicina per ogni malattia, unico virus di cui dovremmo, per scelta contagiarci, perché è l’unico contagio che non fa male, ma che, anzi, è necessario.