IL VANGELO STRABICO
XVII Domenica Tempo Ordinario – A
(1Re3,5.7-12; Romani 8,28-30; Matteo 13,44-52)
A cura di Benito Giorgetta
Lasciare molto per avere tutto
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche»”.
Gesù, per farsi comprendere, ha sempre utilizzato un linguaggio semplice e lineare. Molte volte si è servito della mediazione delle parabole e delle similitudini per affidare a questo espediente letterario, il compito di far aver accesso ai suoi insegnamenti al maggior numero di persone. La sua costante preoccupazione di raggiungere ogni intelligenza ed ogni cuore lo hanno portato, da sapiente ed esperto maestro quale era, ad adattarsi al tipo di persone che aveva ad ascoltarlo. La maggior parte delle sue similitudine e delle parabole le attingeva dalla vita agricola, dalla pesca e dallo sguardo sulla natura a cui erano abituati i suoi interlocutori.
“Il regno dei cieli è simile….”. Il tesoro, la perla, la rete gettata nel mare sono i riferimenti di Gesù, ma con essi lui vuole significare che, una volta trovato il nostro bene, il nostro tesoro dobbiamo, con ogni sforzo, cercare di ottenerlo, raggiungerlo. Siamo cercatori instancabili e infaticabili del bello e del buono, quando abbiamo la fortuna di incontrarli, è necessario fare ogni sforzo per entrarne in possesso. Dare tutto, giocarci ogni cosa, mettere in ballo anche la vita, non importa il prezzo da pagare quando il desiderio di ottenere appaga ciò che si ritiene di valore e indispensabile alla propria esistenza. Un’idea, un progetto, molto meglio e di più una persona, quando ci interessano, quando suscitano nel nostro cuore emozioni, quando appagano l’animo, nulla è da anteporre al desiderio di vivere, ottenere, raggiungere. Tutto viene dopo, tutto si subordina a quello che si scopre essere il punto più alto e l’esperienza più appagante. La sazietà viene anche dopo il digiuno che si pratica per ottenere ciò che si desidera.
Dio, il suo regno, la sua logica, i suoi insegnamenti, se per noi sono basilari, fondamentali, necessari; se li riteniamo indispensabili alla nostra serenità e al nostro appagamento, debbono avere tutto il nostro interesse. Tutto deve convergere verso ciò che per noi è importante e ogni sforzo deve apparire necessario per il conseguimento dello scopo. Ogni prezzo che paghiamo è giustificato dal valore apicale che diamo a quello che si è scoperto e a colui verso cui dirigiamo il nostro interesse e le nostre attenzioni. Lasciare molto per avere tutto giustifica ogni sforzo.
Dio è tesoro e perla. Nel campo della vita occorre cercarlo e trovarlo, allora si che vale la pena lasciare anche molto ma per avere tutto.