IL VANGELO STRABICO
III Domenica di Avvento – A
(Isaia 35,1-6.8.10; Giacomo 5,7-10; Matteo 11,2-11)
A cura di Benito Giorgetta
La tempesta è capace di disperdere i fiori ma non è in grado di danneggiare i semi.
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui»”.
“La tempesta è capace di disperdere i fiori ma non è in grado di danneggiare i semi”. Recita così un versetto del poeta libanese Kahlil Gibran.
Anche Giovanni Battista, rinchiuso in carcere, ha dubitato di Gesù. La fede è una lotta, una scelta continua, quotidiana, per tutti nessuno escluso. Quando il dolore straripa, quando la tempesta è in atto, quando lo scoraggiamento supera i livelli di guardia, quando la vita sembra lasciarci, quando qualcuno ti tradisce, quando il cuore è gonfio di amarezza e straripa, per tutti c’è un momento di abbandono. La tempesta è capace di distruggere i fiori, la loro bellezza, il loro profumo, ma non è in grado di danneggiare i semi. Allora si può ricominciare.
Noi dubitiamo di Dio, allorché lo scoraggiamento ha la maggioranza assoluta nella nostra vita, e lo interroghiamo, forse, ci ribelliamo, ma lui risponde nel silenzio e nella concretezza. “Dove il Signore tocca, porta vita, guarisce, fa fiorire”. Dio dissolve le nostre nebbie, sconfigge le nostre tenebre, ci fa uscire dalle sabbie mobili dell’immobilismo, seminando fiducia nella vita di ciascuno, infondendo coraggio, facendo scoprire la bellezza della vita, facendo sorgere, ogni mattina il sole che riscalda, che dona vita, che illumina e sostiene. Ma vuole la nostra partecipazione, il nostro coinvolgimento. Non siamo pedine che lui sposta a suo piacimento e secondo un suo disegno prestabilito, rispetta la nostra libertà, i nostri tempi, le nostre forze. Alimenta i nostri sogni e ci aiuta a realizzarli. La logica di Dio è quella del seme: seppellito, germina, esplode, cresce irresistibilmente e alla fine fiorisce, porta vita, rinnova.
Dio ci sorprende con i fatti che continuamente scrive nella vita di ognuno. Occorre nuovo collirio per vedere, percepire, e tanta umiltà da riconoscere la firma di Dio in tutti gli eventi dell’esistenza. Non occorre essere periti calligrafi per capire che molto, tutto, della nostra vita ha la paternità di Dio. Segno delle sue premure e attenzioni paterne. All’interrogativo suscitato dal dubbio e dallo scoraggiamento lui risponde con i fatti concreti, con le gioie raggiunte, con i sogni realizzati, con il respiro dell’anima che è capace di vedere in tutto il suo stile, la sua logica, il suo amore. Il tutto è nel seme. E Dio semina continuamente nella nostra vita, occorre essere zolle che accolgono e fanno germinare. Rimarremo certamente sorpresi dalla fantasia di Dio per la bellezza delle corolle e per l’intensità del profumo.