IL VANGELO STRABICO
XIX Domenica Tempo Ordinario – C
(Esodo 17,8-13; 2 Timoteo 3,14-4,2; Luca 18,1-8)
A cura di Benito Giorgetta
“Scocciare” Dio con la preghiera
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»”.
Pregare è un eminente atto d’amore. Pregare è immergersi nell’Altro, perdersi nel suo cuore, intrecciarsi. Questo linguaggio non è solo verbale ma è anche gestuale, silente, è incrocio di sguardi, è compenetrazione, è desiderio. Quando Gesù raccomanda di pregare sempre non intende dire che dobbiamo stare davanti a Dio e “vomitare” parole, ma mettere il cuore nel cuore, la vita nella vita. Abbandonarsi. Avere fiducia. La vedova, di cui parla Gesù, risulta essere insistente e, per questo, viene ascoltata. A volte occorre prendere d’assedio Dio, diventando quasi scoccianti, impertinenti. La vedova è sola non ha nessuno che si prende cura di lei, è isolata, appartiene alla categoria degli ultimi, degli emarginati e degli esclusi. E proprio lei sale sulla cattedra della preghiera per insegnarci come comportarci. Lei chiede giustizia, ma il giudice, corrotto, non la ascolta e lei, indomita, insiste, chiede fino ad ottenere.
L’insistenza premia perché è segno della volontà ad ottenere una cosa. La perseveranza nella preghiera premia chi non si scoraggia, chi sa attendere, chi sa riproporre, chi sa osare. D’altronde pregare è come respirare, non se ne può fare a meno. La preghiera è il sangue che circola nelle vene della vita e talvolta si diventa anemici, e occorre fare le analisi per verificare lo stato di salute.
Talvolta ci prende la delusione perché le preghiere espresse rimangono inevase, sembra che Dio sia sordo o assente. Non è vero! Meno male che talvolta non ci esaudisce perché forse ci vuole dare di più e meglio di quello che chiediamo. Un grande atleta, Kirk Kilgour: nato a Los Angeles (Usa) il 28.12.1947, la sua storia di è quella di un grande atleta della nazionale USA di pallavolo che venne a giocare nella Serie A Italiana nel 1973, con la squadra dell’Ariccia Volley Club, rimasto paralizzato scrisse: “…Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo, ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno e quasi contro la mia volontà”.
Non si deve pregare per piegare Dio ai nostri desideri ma per mettere la nostra vita nelle sue mani, il nostro cuore nel suo. Non possiamo pretendere, neppure minimamente, di piegare Dio a noi, quanto piuttosto elevare noi stessi alla sua altezza e, solo allora, conosceremo le vertigini. Pregare è regalare Dio alla nostra vita, non c’è dono più bello, più grande e più appagante. E quando sembra che non ci ascolta, scocciamolo pure, l’insistenza insegnata dalla povera vedova ci renderà ricchi di Dio.