Il brano del Vangelo è quello di Matteo in cui Gesù, alla fine dei tempi, chiamerà gli uomini alla sua destra e dirà loro: avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete, ero straniero, nudo, malato, carcerato… Il Vangelo di oggi, ha detto il Papa, ci esorta a un fare esame di coscienza. Siamo noi in grado di andare incontro ai bisogni dei fratelli?
UNO STILE DI VITA. “La misericordia è uno stile di vita. Io scelgo di vivere come misericordioso o come non misericordioso”. “Una cosa è parlare di misericordia, altra è vivere la misericordia”. Parafrasando san Giacomo apostolo, Francesco ha scandito: “La misericordia senza le opere è morta in se stessa”. Ciò che rende viva la misericordia è il suo dinamismo, il fatto di muoversi per andare incontro ai bisogni. Il misericordioso “ha occhi per vedere, orecchi per ascoltare, mani per risollevare”.
L’INDIFFERENZA RENDE STERILI. La vita quotidiana ci permette di toccare con mano tante esigenze che riguardano le persone più povere e provate. Noi siamo chiamati anzitutto ad “accorgerci dello stato di sofferenza e bisogno in cui versano tanti fratelli e sorelle”. L’indifferenza, ha detto il Papa, “alla fine rende ipocriti e sfocia in una forma di letargo spirituale che rende insensibile l’animo e sterile la vita”. “La gente che passa nella vita senza vedere tanti bisogni spirituali e materiali è gente che passa senza vivere”. Francesco ha smesso di leggere e ha guardato i fedeli in faccia: “Ricordatevi bene: chi non vive per servire non serve per vivere“. E la piazza San Pietro ha applaudito.
FANTASIA NELLA MISERICORDIA. Quanti sono gli aspetti della misericordia di Dio verso di noi? si è chiesto Francesco. E quanti volti si rivolgono a noi per ottenere misericordia? “Chi ha sperimentato la misericordia del Padre non può rimanere insensibile di fronte alle necessità dei fratelli”. Le parole di Gesù non consentono via di fuga: avevo fame e mi avete (o non mi avete) dato da mangiare… “Le opere di misericordia ci obbligano a rimboccarci le maniche per alleviare la sofferenza”. Nel nostro mondo globalizzato i bisogni si sono moltiplicati. Per questo il Papa invita a fare “spazio alla fantasia” per individuare nuove modalità operative. Dobbiam essere “vigili come sentinelle”. Lo sguardo dle cristiano miri all’essenziale: dobbiamo saper guardare Gesù nel malato, nel carcerato, ma anche “in chi non ha lavoro e deve portare avanti una famiglia, in quello che è solo e triste, in quello che ha bisogno di qualcuno che faccia strada con lui in silenzio perché si senta in compagnia”… “Queste sono le opere che Gesù chiede a noi”, ha concluso Francesco. “Perché Gesù a noi guarda così”.
IL VIAGGIO IN ARMENIA E IL RITORNO IN CAUCASO. Alla fine della catechesi sulle opere di misericordia, il Papa ha ricordato il recenteviaggio apostolico in Armenia, “la prima nazione ad avere abbracciato il cristianesimo all’inizio del IV secolo”. “Rendo grazie a Dio per questo viaggio” ha detto, ribadendo la sua gratitudine verso il presidente armeno, il catholicos, il patriarca, i vescovi cattolici e l’intero popolo armeno che l’ha accolto. “Fra 3 mesi compirò un viaggio in Georgia e Azerbaijan” ha aggiunto, “altri 2 paesi della regione caucasica”. A spingerlo in quella parte del mondo, ha precisato, sono da una parte il desiderio di “valorizzare le antiche radici cristiane in quelle terre” e dall’altro quello di “incoraggiare speranze e sentieri di pace”. Il cammino della pace è fatto di piccoli passi, ha ricordato Francesco. “Il mio auspicio è che tutti e ciascuno diano il loro contributo per la pace e la riconciliazione”.