«Quante volte incontriamo un povero che ci viene incontro. Possiamo anche essere generosi con lui e avere compassione, ma di solito non lo tocchiamo, gli offriamo una moneta ma evitiamo di toccargli la mano, dimenticando che quello è il corpo di Cristo. Toccare il povero può purificarci dall’ipocrisia e renderci inquieti per la sua condizione, toccare gli esclusi».
Papa Francesco, nel corso dell’udienza generale ha commentato il passo del Vangelo nel quale Gesù guarisce il lebbroso e nel farlo ha affermato: «Oggi mi accompagnano qui questi ragazzi (indicando i rifugiati seduti ai suoi piedi sul sagrato, ndr) tanti pensano di loro che è meglio se fossero rimasti nella loro terra, ma lì soffrivano tanto. Sono i nostri rifugiati, ma tanti li considerano esclusi, per favore, sono i nostri fratelli, il cristiano non esclude nessuno, dà posto a tutti, lasciamoli venire tutti».
Il Papa, poco prima dell’inizio dell’udienza, era andato incontro a un gruppo di rifugiati con in mano uno striscione “I rifugiati per un futuro insieme”, e li aveva accompagnati sull’altare dove si sono fermati per ascoltare la catechesi.
«Pensiamo a noi, alle nostre miserie, ognuno ha la propria: quente volte le copriamo con l’ipocrisia delle buone maniere. Proprio allora è necessario stare da soli. E pregare». Lo ha sottolineato, in un altro dei passaggi centrali della catechesi in piazza San Pietro, Papa Francesco: «La sera – ha confidato – io prego: “Signore se vuoi puoi purificarmi” e dico 5 Padre nostro, uno per ogni piaga di Gesù. Lo faccio io potete farlo anche voi a casa vostra e dire un Padre nostro per ogni piaga di Gesù», ha esortato Francesco prima di far ripetere per 5 volte l’invocazione alla folla di piazza San Pietro.