(Geremia 33,14-16; Tessalonicesi 3,12-4,2; Luca 21,25-28.34-36)
Ascoltiamo il Vangelo:
“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo»”.
L’avvento, che inizia con questa domenica, è tempo di attesa. L’attesa è sempre carica di curiosità, incertezza, paure e speranze. Non si conosce il futuro e allora lo si disegna secondo le modulazioni e gli stati d’animo del proprio essere, della propria situazione e dei progetti, ma, soprattutto, dei desideri. Ognuno si proietta nel futuro immaginandolo colorito, florido, favorevole. Ma forse ci sfugge una profonda e semplice verità: il futuro in un certo senso è nelle nostre mani. Ogni futuro cova nel presente. E’ nel vivere intensamente, gioiosamente, laboriosamente il presente, che si staglia, dinanzi a noi, il futuro. Il presente porta nascite nel suo grembo.
Come una donna partoriente sa bene cosa significa attendere e si nutre nutrendo la vita che porta in grembo, così, ciascuno di noi vivendo da protagonista il proprio presente, la propria storia, disegna e favorisce il futuro indirizzandolo nella direzione che gli imprime oggi. Come un arciere che sta per scagliare il dardo deve avere bene presente il bersaglio dove indirizzarlo per fare centro, così, ciascuno di noi, deve avere ben presente ciò che desidera, vuole e per cui si da fare come sa e come può. Ogni tappa della propria vita deve essere un bersaglio verso cui convergere l’attenzione, le dedizione ed ogni sforzo. Nel momento stesso che penso il bersaglio io ho iniziato ad avvicinarmi ad esso ed inizia un cammino.
E quando sembra che le tinte del proprio futuro sono cupe, minacciose o addirittura sembra che tutto finisca e crolli ecco giungerci liberante l’invito: “Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. Però non tutto è automatico come sembra che, ingannevolmente, l’oroscopo di turno o il fattucchiere di professione, ci vogliano far capire. Il bene-essere non dipenda da una formula, da un amuleto, ma da una fattiva collaborazione e coinvolgimento. Dio ci fa raggiungere si, traguardi difficili, ma con i nostri piedi, con le nostre risorse, dandoci la forza necessaria a realizzarci. Gesù ci insegna il segreto che è quasi una strategia: “Vegliate in ogni momento pregando”.
Come dire attenzione, cura e premura, non fatalismo ma protagonisti ed interpreti del proprio divenire. San Giovanni Paolo II indicando questa verità ai giovani soleva ripetere: “Siate i protagonisti del vostro futuro, fate della vostra vita un capolavoro”. Questo presuppone artigianalità, cioè cura, premura, attenzione, dedizione. Questi sono gli ingredienti per fare centro col proprio bersaglio puntato e scagliato nel futuro da realizzare.
Benito Giorgetta