IL VANGELO STRABICO
Commemorazione dei Fedeli defunti – C
(Giobbe 19,1.23-27;Romani 5,5-11;Matteo; 25,31-46)
A cura di Benito Giorgetta
La morte non è la fine ma il compimento
“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo
verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria.
Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il
pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla
sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del
Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del
mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete
dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi
avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli
risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da
mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto
straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo
visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In
verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via,
lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi
angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non
mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete
vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora
risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o
nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro:
“In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli,
non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti
invece alla vita eterna»”.
Come dopo la notte sorge l’alba ed inizia il giorno, così dopo la morte, di cui tutti
siamo chiamati a fare esperienza, ci sarà nuovamente la vita. Il cristiano di fronte alla
morte non si pone, cinicamente, come gli stoici che affermavano: “Se c’è lei non ci sono io,
se ci sono io non c’è lei”. La morte è comune eredità degli uomini e fa parte della vita. Anzi
si può affermare che un uomo quando nasce inizia già a morire. Con la nascita inizia la
corsa della vita e la discesa della morte.
La vita è un dono e di essa noi siamo chiamati a farne un capolavoro. Non
realizzando i nostri sogni e saziando il nostro famelico egoismo, ma rendendoci utili agli
altri e servi degli altri. Certo questo è un progetto eroico ed impegnativo ma è ciò che
resterà in vita dopo la nostra morte: il bene che ci siamo sforzati di fare. In occasione della
morte c’è una sorta di “dogana” che dobbiamo passare, è molto dura ed esigente, non ci
permette di sdoganare nessun bene materiale. E’ possibile portare con sé solo il bene
fatto, possibilmente anche quello di cui ci siamo dimenticati e ci verrà ricordato da chi ci
dirà: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla
creazione del mondo… ho avuto fame, sete, ero nudo, malato, forestiero, carcerato” e mi
avete soccorso. Ecco il capolavoro di ogni uomo: impegnare la vita per donarla
gratuitamente perché ogni volta che porremo in essere ogni minimo gesto caritativo,
compassionevole, misericordioso, non resterà anonimo o estraneo al cuore di Dio. “…
Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
E sarà donata la vera e definitiva vita: l’eternità beata con Dio. Dunque la morte non è la